7 Piatti materani che vi faranno passare subito ogni voglia di dieta.
Le feste sono ormai ufficialmente terminate, e il ciclo aperto con le pettolate dell’Immacolata si conclude mestamente con i residui di panettoni aziendali inzuppati nel latte per la colazione. Tra i propositi di mesi di duro lavoro in palestra e di diete ferree, tornano alla mente le epiche abbuffate del 24-25-26 e dei giorni di Capodanno, quando pur di assaggiare tutto ci avviciniamo ai limiti dell’umano, come già il protagonista del mio episodio preferito di The Meaning of Life dei Monty Python.
Ormai, per emulare questo eroe, nelle date tra questi tour de force estenuanti devo ridurmi a maalox e brodino. Tuttavia vi confesso che in questi giorni il mio livello di golosità, già passabile di condanna all’apposito girone infernale, tocca le sue vette massime. Sarà proprio la prospettiva di dover aspettare altri lunghi mesi prima di gustare alcune di queste prelibatezze, ma puntualmente il 7 gennaio mi viene già voglia di calzoni di ricotta e crapiata.
Così ho pensato di descrivere alcuni dei più gustosi piatti tipici materani, tra i migliori della nostra cucina, fondamentalmente povera ma che, con ingredienti base spesso molto semplici, è in grado di dar vita a capolavori gastronomici.
1. La crapiata
Iniziamo con un piatto che col Natale non c’entra assolutamente nulla, ma che più di ogni altro, probabilmente, si può ritenere a pieno titolo il più rappresentativo della cucina tradizionale materana. Una volta si mangiava solo il 1 Agosto, per celebrare tanto il nuovo raccolto quanto la comunità del vicinato. L’intera preparazione avveniva in maniera collettiva e partiva dal 31 Luglio, quando in un unico paiolo posto al centro del cortile del vicinato le varie famiglie mettevano a cuocere i rimasugli del vecchio raccolto: legumi di ogni genere, grano, cereali e patate.
Ancora oggi, seppure gli ingredienti si possano trovare tutto l’anno (anche in pratiche confezioni con i vari ingredienti), il top è mangiarla il 1 Agosto nelle feste organizzate da diverse associazioni di quartiere e non. Un’ottima occasione per rivivere in parte il lato sociale di una tradizione che proprio alla sua valenza di rito collettivo deve probabilmente le sue antichissime origini: è facile pensare alle panspermìe, zuppe di legumi e cereali offerti nell’antica Grecia a Demetra o a Dioniso per propiziare la fertilità.
2. Le pettole (di mia madre)
U pattl ca nan z fosc’n a Natèl, na z fosc’n cchj’-j (le pettole che non si fanno a Natale non si fanno più). Non è un caso se a Matera per dire “carpe diem” tiriamo in mezzo le pettole. Regine della tradizione culinaria natalizia, sono tutto sommato un piatto molto semplice da preparare. Sono fatte con pasta lievitata fritta in olio d’oliva, sebbene siano possibili e ben accette varianti dolci (con l’uva passa – più buone fredde) o salate (con peperoni cruschi, baccalà o altro). Tipicamente in città assumono una forma tondeggiante, a volte ottenuta prendendo la pasta dalla ciotola con il cucchiaio e buttandolo nella pentola con l’olio bollente.
Mia madre però, pur essendo materana D.O.C., ha saggiamente tratto insegnamento dalla tradizione miglionichese (tramite mio padre) che le preferisce a forma di ciambella: occorre una certa maestria nel maneggiare la pasta, ma il risultato dà grandi soddisfazioni. Con questo metodo, infatti, l’esterno si mantiene più croccante mentre l’interno rimane soffice.
3. La bruschetta (col pane di Matera)
Il pane di Matera IGP, fatto con semola rimacinata di grano duro selezionato, è l’architettura portante dell’intera struttura enogastronomica materana, costituendo l’accompagnamento perfetto per qualcunque pietanza – mio nonno arrivava a mangiarlo con gli spaghetti!
La sua fragranza inconfondibile è in grado di conferire importanza anche a un piatto semplice come la bruschetta. Qui tipicamente si mangia condita con pomodorini freschi, olio, aglio, sale e origano. La feddaràss si “festeggia” ancora oggi nel borgo rurale di La Martella, insieme alla Crapiata, proprio il 1 agosto.
A mio modesto parere, però, la bruschetta ideale è una bella fettona di pane fresco – guai a farselo affettare dalla macchinetta!, abbrustolita nel camino di casa, magari appena rientrati dal frantoio, condita solo con l’olio appena spremuto, verde smeraldo, ancora piccantino e ricchissimo di fenoli.
In quel momento una semplice fetta di pane cotto sulla brace può trasformarsi in un pasto regale.
4. La pignata
Regina indiscussa della cucina “povera” secondo molti, come per la crapiata nasce dalla capacità tipicamente contadina di fare di necessità virtù. Dopo aver dato per anni latte, calore e agnelli al pastore, anche la pecora vecchia muore. Si può mai sprecare tutta quella carne, seppur dura a causa dell’età? Assolutamente no! Basta cuocerla per molte ore, chiusa ermeticamente con uno strato di pasta in una grande pignatta di terracotta insieme a ortaggi, pecorino, tutti gli odori della Murgia (timo, finocchetto, origano) e qualche tocchetto di salame, per dar vita ad un piatto eccezionale. Come potete facilmente immaginare, non è un piatto che si può trovare tutti i giorni. Diversi ristoranti e agriturismi lo possono preparare, ma bisogna dar loro il tempo (uno o due giorni) per procurarsi gli ingredienti e prepararlo come si deve.
5. Il cazzomarro
Se la pignata ne è la regina, tra i piatti tipici materani il cazzomarro (anche per questioni onomastiche) se ne può definire il re. A base di interiora di agnello (cuore, fegato e polmone avvolte nelle budella) e cotto rigorosamente alla brace, ha un sapore deciso ma eccezionale. Assunto a fama nazionale grazie alla puntata dedicata al territorio materano del programma TV “Unti e Bisunti”, in cui il mefistofelico macellaio Nicola di Montescaglioso introduce il giovane Chef Rubio ai piaceri della carne.
6. I peperoni cruschi
Ormai celebrati in tutte le guide che si occupano di enogastronomia regionale, i peperoni cruschi rappresentano di sicuro una delle maggiori eccellenze del territorio lucano e uno dei pochi casi in cui la tradizione materana riflette quella della Basilicata interna piuttosto che quella pugliese. Rappresentano un condimento eccellente per diversi primi, sebbene il loro sapore sia così buono che possano costituire tranquillamente l’ingrediente principale, come nella pasta con mollica fritta e peperoni cruschi. Da buon purista, come per la bruschetta, anche in questo caso sono convinto che diano il meglio nella maniera più semplice: da soli, riscaldati in olio EVO e serviti interi, con l’aggiunta di un po’ di sale.
7. Gli gn’mm’rèdd
Sebbene gli gn’mm’rèdd rappresentino in fondo una versione più comune e ridotta del cazzomarro (gli ingredienti e la preparazione sono gli stessi), ritengo che spetti loro la dignità di un paragrafo a parte. Una volta si trovavano anche da u c’ddèr (la cantina) come muzzcùcchj, un piccolo pasto (aperitivo ante litteram) che accompagnava il bicchiere di vino consumato prima di tornare a casa per cena. Per certi versi possono considerarsi anche un cibo da strada materano, dato che li si poteva trovare in alternativa ai salsicciotti nelle macellerie-bracerie di via delle Beccherie.Tradizione ormai quasi del tutto scomparsa ma ripresa coraggiosamente da Vanni di Mammaliturchi, dove accanto all’esotico Kebab si può gustare questa pietanza profondamente materana, che nel suo gusto rotondo, che si scioglie magnificamente in bocca, per quanto mi riguarda raggiunge una valenza più erotica anche del priapico cazzomarro.
In copertina: foto di R. Giove.